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martedì 12 ottobre 2010

UN NOBEL ALLA RICERCA DI LAVORO

Il premio Nobel in economia del 2010 è stato assegnato a Peter Diamond, Dale Mortensen e Christopher Pissarides per il loro contributo nella comprensione del processo di ricerca tra domanda e offerta. Che nel mercato del lavoro permette di spiegare la curva di Beveridge come un fenomeno di equilibrio. E i loro studi hanno fatto capire che è meglio studiare il mercato del lavoro guardando ai suoi flussi, fino a comprendere gli effetti del precariato. Perché la loro teoria è densa di implicazioni pratiche e di suggestioni per la politica economica.
Molto spesso in economia la domanda e l’offerta non riescono a incontrarsi e si cercano a vicenda, come accade quasi sempre nella vita quando si cerca la propria anima gemella. Trovare la persona giusta richiede quasi sempre del tempo. Se pensiamo al mondo del lavoro, i lavoratori cercano un posto di lavoro mentre al tempo stesso le imprese cercano lavoratori per riempire le loro posizioni vacanti. Se pensiamo al mercato immobiliare, troviamo compratori potenziali di case che cercano un’abitazione mentre i venditori cercano un acquirente. Il premio Nobel in economia del 2010 è andato a Peter Diamond, Dale Mortensen e Christopher Pissarides per il loro contributo nella comprensione del processo di ricerca tra domanda e offerta.
CONCETTI CONCRETI
Siamo molto contenti della scelta, anche perché si parla per fortuna di concetti molto concreti. Per rendersi conto dell’importanza del contributo di Diamond, Mortensen e Pissarides basta guardare il grafico qui sotto, noto come la curva di Beveridge. La curva mostra, sull’asse verticale, il numero di posti vacanti che le imprese non riescono a riempire e, sull’asse orizzontale, il numero di disoccupati, di persone che cercano attivamente un posto di lavoro e non riescono a trovarlo. Il grafico è importante anche perché mostra la prima curva di Beveridge sull’Italia: l’Istat solo da poco ha finalmente pubblicato dati sui posti vacanti.

Per anni gli economisti si sono chiesti perché ci possano essere dei posti vacanti anche quando ci sono molti disoccupati che potrebbero soddisfare la domanda di lavoro delle imprese e perché ci siano tanti disoccupati anche quando c’è una forte domanda di lavoro. La risposta che si erano dati prima del contributo di Diamond, Mortensen e Pissarides è che vi fosse un problema di differenze strutturali tra il tipo di lavoratori richiesti dalle imprese e le qualifiche disponibili fra chi offre il proprio lavoro; oppure fra la localizzazione geografica delle imprese con posti vacanti e quella dei disoccupati. Ma questa interpretazione, legata al cosiddetto mismatch fra domanda e offerta di lavoro, non riesce a spiegare perché si osservino curve di Beveridge anche su scala limitata, con riferimento a posti vacanti e lavoratori con le stesse caratteristiche o nella stessa città.
La teoria elaborata da Diamond, Mortensen e Pissarides permette invece di spiegare la curva di Beveridge come un fenomeno di equilibrio. Anche in condizioni normali sia i lavoratori che le imprese si mettono in cerca gli uni delle altre. Le imprese spendono risorse nel pubblicizzare posti vacanti, valutare chi fa domanda e, poi, formare i candidati. I lavoratori affrontano anche loro una ricerca costosa in termini di tempo, raccolta di informazioni oltre che psicologicamente dispendiosa. Questi costi e i ritardi con cui avviene l’incontro fra imprese e lavoratori generano una curva di Beveridge. Non solo in equilibrio avremo sia posti vacanti che disoccupati, ma ci sarà una relazione inversa fra queste due variabili esattamente come quella mostrata qui sopra, dove ci sono anni, come il 2007, in cui ci sono meno disoccupati e più posti vacanti o anni, come il 2009, in cui avviene l’opposto. Gli spostamenti riflettono sia fattori ciclici sia cambiamenti istituzionali. Questi ultimi possono anche indurre spostamenti verso l’interno o verso l’esterno della curva di Beveridge. Ad esempio, le cosiddette politiche attive del lavoro, volte a facilitare la circolazione di informazioni, possono riuscire a spostare la curva verso l’origine riducendo il numero sia di posti vacanti che di disoccupati presenti in equilibrio. È una teoria, quindi, quella di Diamond, Mortensen e Pissarides, densa di implicazioni pratiche e di suggestioni per la politica economica.
FLUSSI E PRECARI
Grazie al lavoro di Diamond, Mortensen e Pissarides si è anche capito che il mercato del lavoro è meglio studiarlo guardando ai suoi flussi. Anche quando la disoccupazione è ferma, il mercato del lavoro crea e distrugge continuamente posti di lavoro. Un mercato del lavoro è sclerotico quando, a parità di disoccupazione, non genera alcun ricambio di lavoratori mentre è considerato più fluido quando rigenera più velocemente i suoi stock di posti di lavoro. Questo modo di guardare al mercato del lavoro è ora alla base di tutta l’analisi di politica del lavoro nei paesi avanzati. Anche per capire davvero gli effetti del precariato in Europa, le teorie dei premi Nobel sono state fondamentali. Quando una piccola quantità di lavoratori continua a entrare e uscire dalla disoccupazione generando forti flussi dall’occupazione alla disoccupazione e viceversa, mentre il resto dei lavoratori è saldamente legato a un posto fisso, è evidente che vi è qualche cosa di completamente distorto nel mercato del lavoro e spetterebbe quindi alla politica economica di intervenire. A Bruxelles, dove le teorie degli studiosi sono alla base delle analisi della Commissione, sembrano essersene accorti quasi tutti. In Italia il governo, su questi temi, non pare sentirci. Speriamo che il premio Nobel a Diamond, Mortensen e Pissarides porti flussi di riforma anche nel nostro mercato.
Lavoce

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